1° classificato
Stefano Corona
Bambini sulla luna
Mi risveglio…
...e sulla mia pelle, sento l’aria del mattino che mi
abbraccia…
...ma vedo anche il tuo dolce viso
mi sorridi e mi saluti da una foto…
...allora, oscuro il mondo
e tu ci sei…
Con gli occhi chiusi ti rivedo correre,
saltare, gioire e non fermarti mai…
Ma perché?
Cosa è stato delle tue ingenue fantasie,
dove sono i tuoi giochi e le tue smorfie?
Ti bastavano soltanto pochi sassi
e la bambina era già una principessa…
poi volavi, salivi sopra le nuvole e ancora più su
forse sino alla luna…
Com’era gialla e tonda la tua luna
com’era bella quando la guardavi
E sognando, pensavi di raccoglierne la sabbia…
Ma dove,
dov‘è fuggita la canzone che sempre canticchiavi?
Inventando le parole e quelle strane rime
dove il gatto andava a spasso con il cane
e il sole non tramontava mai…
...ma quelle carezze…
...di quei maledetti demoni mascherati…
...ti han portato via pure i sogni
non parlavi più e non dormivi
sino al giorno in cui sei diventata un angelo
e, finalmente, la tua luna dai toccato
e noi tutti quaggiù a sprofondare
supplicando Dio per un ultimo regalo:
vedere per un momento, un attimo solamente le tue ali
e sentirne ai nostri occhi il dolce vento…
...e poterci così riaddormentare…
2° classificata
Anna Bor
Lettera al figlio
Febbraio 2001
Sono qui… dove…
bene e male… amore…
e indifferenza… più
...non mi appartengono
Mi rincorre soltanto
...un grande rimpianto
per non aver intuito in tempo…
non aver posseduto la magia
di trasformare i silenzi… in parole
...l’ostilità... in ascolto
Muta… e veloce… la tua mano
mi ha colpito… a ripetizione…
Se… io… avessi guardato
più a lungo i tuoi occhi… bassi
avrei tolto… il disturbo… in questo mondo
con un… solo… colpo… sicuro e…
ti avrei risparmiato… l’inferno… della colpa!
Ma ormai… tutto questo
è già nel nostro passato…
Per quando avverrà il tuo passaggio…
non temere… ti aspetterò comunque…
oltre il rancore e… il perdono… sono sicuro che
anche tu… allora lo vorrai…
per avviarci… in silenzio… verso…
il nulla… che… “insieme”... ci attende
3° classificata
Loriana Capecchi
Questa mia terra che libera voli
Amo
questa mi terra che libera voli
d’uccelli
fanciulli
fogliame
là dove trema più verde il trifoglio
dove lo spigo diventa una strada
ed il ranuncolo ozioso di sole
torna a riempire lenzuola di prato.
Dove di un padre le sere d’inverno
erano grandi
le mani alla fiamma.
Dentro ci stava il papavero e il grano
onde di fieni insertati col vento
silenzi di stanze
l’odore del pane
la vita e la morte a varcare la soglia.
Madre
pur oggi il torrente rimane
dove a lavare scendevi
le sponde
in primavera assalite dai fiori.
“Acqua corrente – ci beve il serpente…”
ricordo, m’insegnavi a recitare.
Ma non s’increspa adesso l’onda piana
al tocco di libellula incostante
e dentro alcove d’erba non ritrovo
la saponaria dalle carni rosa
se non nell’immanenza di una conta
tornata certo a caso sulle labbra
passando eterna l’acqua sotto i ponti.
4° classificata
Silvestro De Simone
Aironi
Scende silenzioso
un velo di bruma
sullo stagno
perduto fra i giunchi,
planano aironi
sulla sua trasparenza,
un sonno
di beatitudine
si posa sulle cose.
Ora infinita e pura!
Sognano gli occhi
tramonti di porpora,
maree di luce,
ali di cristallo
e rose nell’ombra.
La dolce brezza
si trastulla frale foglie,
sussurrando
e sospirando,
vaga farfalla
di cielo e aria.
Piange già
la notte
le sue lacrime d’oro.
5° classificato
Maria Luisa Cozzi
Riccardo nel giorno del suo primo giorno
Dovrà tenere conto anche di te
l’alba rosata del 19 febbraio
e tutti i tramonti e le albe e
i paesaggi padani che verranno,
del mistero del tuo nascere,
disceso da un cosmo segreto a noi ignoto.
Due nuovi meravigliosi occhi tra di noi
qui, a rivolgersi ai nostri occhi
increduli come una creatura possa
sorgerà così
dal nulla e dal tutto di un amore,
pronti a essere parte delle tue sensazioni,
dei tuoi quesiti, dei tuoi enigmi.
Basterà il raggio del tuo sorriso,
il tuo esserci
per sentirci più saggi e più felici
per te.
6° classificato
Marco Galvagni
Il contadino
Trascinandosi penosamente
sul selciato e cercando a tentoni la luce,
riuscendo a stento a togliersi
vecchi scarponi da lavoro,
avanza a fatica il contadino nella sua casa.
Si tuffa con la memoria nel passato
ed intravede un giovane arare con fiducia la terra
ed attenderne con impazienza i virgulti.
Ora tutto è meccanico e si risolve
in gesti meramente automatici.
Urla una voce dal paese squarciandole tenebre:
“Lascia perdere il contadino!”
Ma io vedo ch’egli si contorce nel suo letto
ricordando una vita leggendaria e dissipata,
lambita da echi di fiabe perdute nel tempo.
Sogna l’uomo giovane che rimodellava
la terra coi suoi attrezzi nuovi:
ora tutto è arrugginito, consunto
e sbiadito dall’implacabile incedere degli anni
che ha solcato di rughe anche la sua amata.
E presto ricomincerà una nuova giornata
per lo stanco contadino che ormai,
nella sua vita di sofferenza intrisa,
non ambisce altro che riguardare il suo passato
e, con un groppo alla gola, rimirare il flusso degli eventi.
7° classificato
Dino Moro Valentino
Ti scrivo oggi, festa del patrono,
giorno in cui nessuno va nei campi
perché – dicono i vecchi – porta male.
Male a chi? Come se esistesse
male più grande di questa miseria,
di questa terra arsa, delle pietraie.
Non piove e se lo fa è sempre troppo.
Maria mi chiede di te e dice a tutti
che sei partito per far esperienze
e soldi per costruire una casa,
che sei, in quel nero buco di miniera,
a rischiare i polmoni per amore.
Non sa di mietiture andate male,
che se non prendevano uno di noi
ci obbligavano a vendere la terra
e poi tu ora mangi tutti i giorni.
Mi fa ridere quando sento dire
che siamo il paese del bengodi,
quando ti guardi intorno e t’accorgi
che è duro da matti andare avanti.
Mamma e papà hanno i soliti acciacchi,
ma non si lamentano, li conosci!
Questa volta rispondi al più presto,
anche se, lo so, la penna ti pesa
forse più del piccone, ti abbraccio.
Se mi fosse dato,
per istruirmi su amore fraterno
il tempo, il luogo ed il motivo,
berrei, per la gran sete,
di ogni dotta parola un sorso
nello spazio che ha scorto
nel movimento piano del pendolo
tra un tic e un tac.
8° classificato
Marisa Colavita
Sereno tramonto
Rubare un sorriso alla vita
mentre la falce
recide i passi affannati
anelanti di vivido ardore.
Ridere ancora
di tutto e di niente
quando il dolore
ti squarcia le membra.
Con tenerezza guardare il passato
ed enumerarne le gioie
vissute e perdute.
Con dolore percorrere
i dolorosi meandri dell’essere stato
e considerare pochi i momenti felici
ma sublimi nell’ora fatale.
Rispondere a stento a un sorriso,
godere d’una mano affettuosa
e rivangare un dolce ricordo
mentre il dolore
si maschera in viso.
Dire addio e sorridere ancora alla vita
nello sforzo estremo di tenerla per mano.
9° classificata
Adriano Scandalitta
Pane e silenzio
Domani non aspettatemi a pranzo.
Non verrò con il solito tram
ma scivolerò lesto
con la metropolitana
verso i confini del mondo
E vedrò prati sconfinati
e correrò a piedi nudi
verso orizzonti di fuoco
Questa metropoli afosa
mi schiaccia i polmoni
e mi stordisce
Voglio evadere
e per un giorno
mangiare pane e silenzio.
Mia madre
Sono nato in una casa
con il balcone a ringhiera
e sempre dolce era l’attesa
di mia madre
che aspettavo quasi in preghiera
Ora la sua luce si è spenta
da un pezzo
ma ancora ha riflessi
sul mio cuore che comincia
a sentire il peso degli anni
anche se affronta gli affanni
con la gioia che sempre ritrova
al sorgere di un nuovo sole.
10° classificata
Giuseppe Marotta
A mia madre
E ora che osservo questa terra che ti consuma
vorrei dirti ancora parola di figlio
perché non so se tutto il bene che ti ho dato fu abbastanza.
Ora che sei al di là del tempo e dello spazio
e conosci le mie domande, aiutami nel cercarne le risposte.
Perché io ti sia vicino, incontrarmi nei sogni
e saprò parlarti ancora come un tempo.
Un tempo lo ricordi?
Ero io a partire e tu a rimanere
ma oggi che sei partita tu, in fretta e senza bagaglio,
sono io che resto pur sapendo che non torni.
Che questo viaggio ti sia dolce, allora,
così come fu quello che insegnasti a me
e quando una mano calda di donna mi accarezzerà il volto
sono certo che in quel caldo ce ne sarà anche un po’ del tuo.
Ora che osservo questa terra che ti consuma
i ricordi mi tempestano la mente
e piango come un bimbo disperato.
Ora che so che sarai sempre al mio fianco
cercherò nei miei futuri giorni i segni della tua presenza
e per accontentarti sorriderò a dirotto, come un uomo certo,
perché è nel tuo sorriso il mio più dolce ricordo di te.